C’era una volta un uomo attaccato a un pene di ferro

Festival del pene di ferro Kanamara Matsuri
Sara Martínez 05/04/2020

“V’era un uomo ad un pene appiccicato, era quel pene cosa sì superlativa…” (o forse non era così quel poema?), va beh, in ogni caso, se i giapponesi conoscessero il poeta spagnolo Quevedo, modificherebbero anche la sua satira mordace, perché non potrebbe essere più adatta a una delle loro celebrazioni più famose e stravaganti. Demoni castratori, verghe giganti, dolcetti, illustrazioni e ogni tipo di merchandising in onore dei genitali maschili. Non si tratta di un pellegrinaggio in cui gli adulti passano di mano in mano un piccolo e innocente bambino, perché possa toccare il mantello della Madonna che è portata in processione, si tratta, invece, di una grande festa popolare in cui tutti, grandi e piccoli, intere famiglie, festeggiano il potere del pene come simbolo di fertilità. Perché, così come il membro virile ha migliaia di nomi, al Festival Kanamara Matsuri adotta anche migliaia di forme diverse.

La mentalità scintoista ha poco o niente a che fare con quella occidentale. In origine, questa religione, il scintoismo, a differenza della religione giudaico-cristiana, non riteneva il sesso o la nudità come qualcosa di peccaminoso. Sono stati gli statunitensi durante la Seconda Guerra Mondiale, quelli che, cercando di regolare i principi morali nipponici, hanno contribuito a creare un singolare modo di intendere il sesso, molto controverso però, da un punto di vista straniero. Nel Giappone di oggi, l’industria del sesso o “fūzoku”, genera e muove milioni di dollari, la prostituzione è vietata (anche se solo la penetrazione è intesa come tale), e alla luce degli studi più recenti, i giovani giapponesi hanno sempre meno interesse per il contatto fisico reale.

E nonostante tutti questi cambiamenti, questa sorta di “libertà sessuale” è tenuta viva in molte delle loro tradizioni. Il Festival del fallo di ferro, o di acciaio (a seconda del traduttore) ne è un esempio. Nei dintorni del santuario di Kanayama, dove in passato le prostitute della città pregavano e chiedevano protezione contro le malattie sessualmente trasmissibili (non sappiamo se le loro preghiere siano state efficaci o meno), ora, ciò che si porta in processione durante la parata del festival sono diversi altari a forma di giganteschi peni. Un’antica leggenda narra di alcune giovani ragazze in età di marito, che nascondevano nelle loro vagine demoni malefici dai denti aguzzi che castravano gli uomini durante la notte di nozze; si trattava di vagine “dentate” che strappavano alla radice tutto ciò che osava farsi strada al suo interno. Si dice che, come soluzione, un fabbro avrebbe realizzato un fallo metallico indistruttibile che avrebbe rotto i denti dei demoni, ponendo così fine al delicato e doloroso pericolo.

Oggi, con genitali dovunque e in mezzo a bevande di sake e dolcetti di riso, il festival, pur continuando a festeggiare la fertilità, intende anche promuovere il sesso sicuro. Ecco perché una parte dei proventi ricavati dal festival vengono devoluti alla ricerca sull’AIDS. Se adesso non ti va bene di prendere l’aereo e andare in Giappone, festeggia la giornata del pene nipponica con uno dei giocattoli che il brand giapponese Tenga ha progettato in suo onore. Perché… c’è un modo migliore di onorarlo che dargli piacere? Come ha scritto Diego Medrano nel suo libro “El clítoris de Camille” (“Il clitoride di Camille”), (faremo del nostro meglio per tradurre questo brano): “A volte ringrazio il mio cazzo. (...) Lui non protesta mai per niente. È d'accordo con tutto. Vive attaccato a me come una statua, come un pennello in cerca di colore, e non fa tanta ginnastica quanto vorrebbe (affatto) o sarebbe veramente disposto a fare”.

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